Settembre 2003
per l'elezione del nuovo consiglio
Venerdì 10/10/2003
Ore 21 ad Arcore presso l’Aula Magna
della SCUOLA MEDIA
con diapositive, esibizione del CORO C.E.A., premi ad estrazione e… rinfresco.
1- BERETTA ELVIO 11- MOLINARI FILIPPO
2- BERETTA MARIO 12- NOSTRINI ENZO
3- CEREDA ELIO 13- PEREGO ORNELLA
4- CITTERIO FEDERICO 14- TERUZZI MATTEO
5- COLOMBO LUISA 15- TERUZZI PAOLA
6- FERRARIO GIANCARLO 16- TERUZZI ROSARIA
7- GALLIANI VITTORIO 17- VILLA FABRIZIO
8- GRANDI DAVIDE 18- VITALI GIANPIETRO
9- MALACRIDA GIORGIO 19-
10- MISSAGLIA ROSANGELA 20-
Tutte le persone che si vogliono impegnare nelle attività sono bene accette e si possono anche candidare per il consiglio C.E.A.. Si possono votare un massimo di 10 candidati e se non puoi essere presente all’assemblea puoi imbucare i tuoi voti nella cassetta postale fuori dalla sede.
19/10/03
– PRANZO
SOCIALE
CASTORE 2003, PROPRIO UNA BELLA GIORNATA!
Siamo in 32 alla partenza da Arcore che avviene presto ma non troppo. Sono le 7 di mattina e qualcuno assonnato lascia a casa gli scarponi, così si perde del tempo “prezioso” perché tutti scalpitano e vorrebbero già essere a Gressoney a contemplare il Monte Rosa. Comunque alle 9,30 siamo a Staffal dopo Gressoney, dove in pratica finisce la strada e parte la funivia. Manca solo Davide che ci raggiungerà nel pomeriggio perché è così attaccato al lavoro che non riesce a farne a meno nemmeno al sabato.
Alle 10 prendiamo prima la funivia e poi la seggiovia che ci porta a Bettaforca a circa 2700 m.
Qui carichiamo sulle spalle gli zaini pesanti e ci incamminiamo verso il rifugio Quintino Sella per circa un’ora, quindi ci fermiamo per una sosta sia per mangiare, sia per acclimatarci un poco.
Il tempo sembra tenere bene anche se, salendo dopo la sosta, qualche nuvola ci nasconde la vista. Il gruppo comincia ad allungarsi e passata la cresta e le roccette sotto il rifugio, arriviamo tutti, chi più e chi meno, stanchi. Siamo quasi a 3600 metri, ma non fa molto freddo, tanto che ci intratteniamo fuori dal rifugio per contemplare qualche cima, per chiacchierare e scherzare un poco. Altri vanno in esplorazione del percorso che effettueremo il giorno dopo, qualcuno anche con le scarpe da tennis, per vedere se il ghiacciaio è proprio così crepacciato come dicono. Alla sera cena con spezzatino e “Simmenthal”, che a qualche partecipante fa un brutto effetto, tanto che si vedono scatti alla Mennea per raggiungere i servizi. E’ possibile che a causare queste indisposizioni sia stato il vento freddo preso dopo cena quando siamo usciti a vedere finalmente tutte le cime al tramonto e a godere di un panorama molto bello.
Levataccia alla mattina dopo una notte “calda”. Quelli che hanno dormito con la finestra chiusa sembrava fossero in un forno, mentre quelli che hanno dormito con la finestra aperta sembrava fossero in una sauna. Facce un poco sconvolte per la “calda” nottata, non tutti si sentono in forma e c’è anche una rinuncia. Ci vuole un poco di tempo, come al solito, per imbracarci e legarci e poi tutti e 32 via sul ghiacciaio del Felik con destinazione la cima del Castore a 4228 m. Non siamo soli e una lunga fila si snoda sul percorso. Facciamo attenzione a passare sui ponti di neve perché i crepacci sono stretti ma profondi e superata la ghiacciata e irta parete del Felikjoch ci si avvia sulle creste che portano alla cima. Prestiamo attenzione anche qui perché alcuni tratti sono stretti e si incontra già chi scende (i nostri atleti). Dopo circa 3-4 ore tutti arrivano sulla cima con tanta soddisfazione e felicità. La cima è piccola e non si può restare a lungo così dopo le foto si scende. La giornata è bella e dalla cima si vede uno spettacolo che riempie l’anima di bellezze. Vediamo anche le montagne del Vallese, che ci ospiteranno la settimana successiva, ma il più ammirato è il Cervino, quest’anno senza neve.
Scendiamo presto, il percorso per il rientro è ancora lungo e bisogna prestare attenzione anche al ritorno. Al rifugio ci ritroviamo e ne approfittiamo per riposarci e ristorarci. Ci sono alcuni che stendono ad asciugare il materiale e il vestiario dove atterra l’elicottero per i soccorsi e, neanche a farlo apposta, arriva l’elicottero così, oltre a raccogliere in fretta le “cose”, si prendono anche un rimprovero dai soccorritori. Dal rifugio qualcuno scende prima ed altri si fermano per godere la bellissima giornata. La discesa per il massacrante sentiero che dal rifugio ci riporta a Bettaforca sembra non finire mai, ma giunti a destinazione ci ritroviamo ancora tutti assieme perché la seggiovia riapre alle 14. Fallito un tentativo di mangiare un gelato nella valle di Gressoney ci ritroviamo ad Arcore a gustare un buon gelato, doppiamente gradito visto che qui le temperature sono molto alte.
Dopo la salita record di quest’anno al Cevedale, che è un 3700, in 42 persone e la salita di gruppo al Breithorn dell’anno scorso, questa del Castore è un nuovo record di arrivo sulla cima di un 4000. Continua così la serie positiva di raggiungimento delle alte vette, che trova sempre persone che partecipano entusiaste. Sono gite non difficili, anche se richiedono un poco di allenamento, che permettono a tanta gente di provare esperienze alpinistiche su ghiacciai e di ammirare tutte quelle bellezze che solo da lassù si possono vedere. Durante queste escursioni c’è chi mette a disposizione le proprie esperienze e c’è chi ha voglia di imparare e di farsene. Insieme ci si trova bene e, oltre alla solita voglia di scherzare e di divertirsi, c’è il piacere di conoscere tutti gli anni persone nuove.
Concludo con un ringraziamento a tutti quelli che hanno partecipato, che ricordo durante le fatiche, ma soprattutto nei momenti di allegria passati assieme.Mario
TREKKING NEL BALTORO (PAKISTAN)
In compagnia di altri 5 amici (Luigi, Francesca, Pino, Patrizia, Marino ) ho effettuato questo agosto un trek in Pakistan, percorrendo il ghiacciaio del Baltoro -campo base K2 - passo “Gondogoro La”. La spedizione era composta da: 2 guide, cuoco e 40 portatori Hunza e Baltì.
Qualsiasi foto o spiegazione non rende merito a ciò che ho visto e non riesco ancora a raccontare chiaramente tutto.
La cosa che mi ha colpito inizialmente è stata la popolazione ed i villaggi che si incontrano lontano dalle città; mi è sembrato di fare un salto nella preistoria. Sono aggrappati alla terra e a ciò che allevano per vivere: grano, frumento, lenticchie, fagioli, patate (per citare i più usati ) con pollame e caprette. Albicocche piccolissime messe ad essiccare su pietre al sole. Bambini con divise azzurre si dirigono a scuola , il quaderno è una lavagna con un manico e un gessetto per scrivere.
Lasciata la mitica Karakorum H, (strada che collega Islamabad alla Cina) in continuo rifacimento per frane, inizia il nostro trek.
Gli spazi, le distanze e soprattutto le montagne che ci circondano lasciano senza respiro. NANGA PARBAT, TORRI di TRANGO, MASHEBRUM, CATTEDRALI del BALTORO, GASHEBRUM II° e IV°, BROAD PEAK, K2, ma anche le meno note come il MITRE, BURDUKAS, LILA PEAK (la montagna più bella per i Baltì e Hunza) gli smisurati ghiacciai che riempiono le valli, e il tumultuoso e grigio fiume Braldo. Una emozione forte ci ha riservato la vista del K2 che usciva dalla nubi.
Per la salita più alpinistica si parte di notte per il Passo Gondogoro La (5680 m) ed il cielo libero da nubi ci mostra miliardi di stelle. Proseguiamo sul ghiacciaio evitando i crepacci e, la lunga fila di pile frontali, sembrano altrettante numerose stelle. La salita è di circa 3 ore con un paio di tratti molto ripidi (45°). Arriviamo in cima al passo con le prime luci e un panorama spettacolare. Uno sguardo alla discesa che si presenta molto più impegnativa e verticale della salita. Infatti i portatori impiegano più tempo del previsto. Noi prendiamo qualche precauzione in più per affrontarla. Io ed il mio amico Marino partiamo per ultimi e veniamo sfiorati da una scarica di sassi e neve nel canalone iniziale. Comunque alla fine tutto bene e si prosegue.
Un capitolo importante delle mie emozioni devo dedicarlo ai portatori. Sono i veri protagonisti del trekking, portano sulle spalle circa 25/30 Kg. a testa, con un abbigliamento composto da un camicione e da pantaloni (abbigliamento classico Pakistano), un paio di scarpe di gomma usate anche per il ghiacciaio, uno scialle/coperta per il freddo e per la notte e un lungo bastone per l’equilibrio. Partono dopo di noi, ci superano e arrivano al campo base per montarci la tenda e prepararci da mangiare, ci fanno i complimenti per la strada che noi percorriamo! Noi trekker con giacche a vento firmate, scarponi super, ramponi ecc.., ci sentiamo piccoli al loro confronto. Loro rugosi con la pelle color ebano, calli ai piedi che sembrano suole sono sempre sorridenti, gentili e disponibili. GRAZIE A QUESTI PORTATORI!
Federico
Anche quest’anno la passione per la montagna e la capacità di portare un sorriso femminile nel gruppo CEA, cioè la presenza di tutte le Lady che hanno partecipato alle belle e numerose gite in programma, sono state fondamentali ed hanno contribuito alla riuscita delle stesse. Dopo l’ ascesa nel 2002 al MONTE BIANCO m 4854 ( Cristina ) e BREITHORN m 4050 ( Elena, Paola, Cristina, Rosaria, Laura, Rosita, Marzia ) , abbiamo nel 2003 una sequenza di ascensioni da far invidia a Messner!
ADAMELLO m 3554 ( Elena ) - GRAN ZEBRU’ m 3850 ( Elena ) e il giorno successivo sul CEVEDALE m 3764 ( Elena, Marzia, Antonella, Laura, Paola, Annamaria, Jolanda, Rosita, Lara ) - CASTORE m 4274 (Paola, Elena, Cristina, Paola Terenghi, Rosaria, Rosita, Marzia, Itala, Caterina, Ermelinda) alcune oltre i 4000 per la prima volta. Trekking nel Vallese CH, con salite al: ALLALINHORN m 4027 e NADELHORN m 4327 ( Cristina ed Elena).
E siamo solo a luglio ! !
Ad ogni vetta è poi seguita la degustazione di torte e dolci in quantità industriale con grandi feste in sede.
Rinnovo perciò i complimenti e gli auguri di nuove conquiste con altrettanti sorrisi e torte nel 2004.
Federico
Ma non è la Monza Resegone ……..!!
E’
sempre lo sparuto gruppo di malati di montagna ora a bordo di un piccolo
pullman, che si sta dirigendo alla volta del pizzo Bernina. Vi sono il pescatore
Giorgio, capogita, i nottambuli Jonn e Giuseppe Vitali, un certo Ariberto, il
nostro segretario, un paio di ragazze, il Cereda ed altri.
La solita tappa base è stabilita a campo Franscia; scendiamo dal pullman, ci
sobbarchiamo il carico e via per il noioso sentiero. Vedo snodarsi la fila a mò di serpe su per i tornanti:
davanti a tutti si distingue il Cereda che, tutto “sbracato” e sbuffante a mò
di locomotiva con la piccozza infilata nelle bretelle, sembra proprio voglia
insegnarci qualcosa. A questo punto toccato nel vivo (sì, perché non mi va
molto di essere sorpassato in simili circostanze), chiedo informazioni sul
soggetto sbuffante. Mi dicono sia un ex marciatore, uno di quegli atleti che
alcuni anni fa soleva far la passeggiatina Manzoniana da Monza al Resegone.
Naturalmente, da buoni atleti, a volte si perdevano nelle innumerevoli ospitali
bettole dislocate lungo il percorso. Immaginate voi il folto pubblico in cima al
monte, con quale entusiasmo accogliesse questi baldi, giocondi atleti.
Descrizione a parte, questo signore filava veramente e già si era formata una
selezione. Ma che succede ora ? Ah!
Ecco un ruscello, ma strano, questi, contrariamente alle più elementari norme
atletiche, si ferma, beve, par quasi voglia prosciugarlo. Ci raggiungono gli
altri e dopo essersi ristorati si riparte. Solo ora par che inizino le prime
rampe del Resegone, perché il nostro atleta arranca e pian piano scivola, si
stacca, perde contatto pura con la coda.
Siamo vicini al primo rifugio, rifugio Carate. Ad una curva sentiamo ansimare di
lato e strano, ci ritroviamo di fronte l’atleta. Credo che da buon purosangue
abbia sentito qualcosa pungere all’interno e con uno sprazzo di classe
(Barbera), ci ha raggiunti. Al rifugio si sfila così: Cereda, Jonn, e tutti gli
altri tranne due; il pescatore, che evidentemente credo sia rimasto nelle amenità
del luogo a valle a raccattar trote, ed il suo degno apprendista Giuseppe nonché
Vitali. Poco male, una sosta ci voleva: ci ristoriamo ed in capo ad un’ora
veniamo raggiunti pure da loro che, filosoficamente, decidono per la noiosa
sosta in questo albergo. Circa alle 20 ci incamminiamo per il rifugio Marinelli
al buio e senza guida, ma ci arriviamo in tempo per cenare, per accapparrarci le
coperte e i posti branda. Alle 23, ristorati a sufficienza, si va a nanna, si
cercano i nostri posti, ma, strano, ci dicono sia poco igienico dormire in due
nella stessa branda e ci sbattono fuori camerata. Ci si accomoda alla meglio: la
sala è ampia, la sveglia è assicurata da un orologio a pendolo, che sembrava
l’avesse con noi, suonava pure ogni quarto e l’allegria era ravvivata da un
duetto canuto, che in un paio d’ore ha sciorinato tutte le varie campagne dal
’18 al ’45. Finalmente al primo tocco la stanza è sgombra, ci si
addormenta, tranne l’orologio ed il solito tapino che si sdraia incautamente
nei paraggi “Vitali”.
Alle 3,30 sveglia; tutti ben riposati attacchiamo il ghiacciaio in compagnia di
un alpino affidatoci, come asseriva il nostro esperto, dalla “tusa” di Eva
di Villasanta. Dopo avere
“cautamente” fatto rotolare alcuni massi, tanto per assicurarci che dietro
vi fosse gente, ci si inoltra e si arriva verso l’alba ai primi seracchi.
Ormai siamo in pochi, decidiamo i gruppi: io con l’Ariberto, il Cereda con
Jonn e col mezzo alpino. Davanti abbiamo una mezz’ora di roccette un po’
ghiacciate, ma che garantivano sufficiente sicurezza, poi la seconda capanna, la
Marco Rosa. Io e Ariberto arriviamo per primi, ci fermiamo e mangiamo un
boccone.
Dopo mezz’ora arriva (guarda caso) la “tusa di Eva” e i nostri. Altro
quarto d’ora ed eccoli pure loro, stranamente rosso il Cereda, pallido il Jonn
e balbuziente l’alpino. Si attacca la cima, una mezz’ora di ghiaccio, poi
poche roccette e la cima italiana è raggiunta, ma degli altri manco l’ombra.
Decidiamo d’andare oltre e così, dopo alcune crestine di ghiaccio, si arriva
alla cima Svizzera. Qui, mentre scrutiamo le roccette dalla parte italiana
aspettando i compagni, ci ristoriamo e fotografiamo il panorama. Ma eccoli
spuntare: vedo il Jonn tirare faticosamente il gruppo, abbarbicato alla propria
piccozza. Ci vedono pure loro e ci indicano la discesa, segno evidente che
vogliono ritornare. Ci avviamo e quando li raggiungiamo godiamo dello spettacolo
offerto dai nostri soci: uno livido della rabbia, l’altro rosso come un
gambero, l’ultimo giocondo (l’alpino). Chiedo cosa non vada e vengo
fulminato da uno sguardo del Vitali; certamente quell’alpino deve avere fatto
la naia ad Abbiategrasso o giù di lì, tant’è avvezzo ai monti.
Prego perché il destino non ci riserbi incontri spiacevoli (la tusa di Eva) e
così a stento ci si avvia verso i rifugi a valle, confortati dal mugugnante
Cereda: “L’è bel vegnì giò dal Resegon….”. Mi sovviene un dubbio e
gli chiedo: “Ma lei partecipava alla Monza Resegone o alla Resegone Monza?”.
Salvami o CEA dall’ira funesta del ………….! Una prece per me.
Piergiorgio M.
La pagina delle comunicazioni
PARTECIPATE NUMEROSI!!!
SABATO 27 SETTEMBRE ORE 21
PRESSO L’AULA MAGNA di VIA MONGINEVRO
“MONTAGNA CHE PASSIONE -
I RAGAZZI RACCONTANO”
Serata presentata dagli alunni di Lesmo e Bernate, dove racconteranno le loro impressioni sulle gite di quest’anno in nostra compagnia.
CORO CEA
Continuano le prove del mitico coro CEA. Tutti i lunedì alle ore 21 ci troviamo con il maestro Castoldi Luciano, a far vibrare all'unisono le nostre corde vocali. Cerchiamo sempre nuovi elementi per incrementare il gruppo. Chiunque voglia provare l'emozione di cantare insieme sarà il benvenuto. CORAGGIOOO!!!!
ATTENZIONE!!!
In caso di necessità, il gruppo CEA è
rintracciabile grazie al telefono cellulare.
Ecco il numero: 347/9471002.
INOLTRE...
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LA SEDE E' APERTA IL MARTEDI'
ED IL VENERDI' DALLE ORE 21 ALLE ORE 22,30
ANNO 2003 - SETTEMBRE - N. 154
REDAZIONE: Ornella, Giancarlo, Mario